Cara Pia Pera,
riscrivo qualcosa su questo blog.. oggi per salutarti nel giardino dove sarai adesso  e dedicarti la replica di domani di Orti Insorti a Lari.

E ricordo la tua lettera come postfazione al mio testo di Orti Insorti esattamente  di 7 anni fa. Grazie per essere stata compagna di viaggio e ispiratrice.



Torre Salsa, 23 luglio 2009


Cara Elena,

ho provato a lungo la sensazione di non capire del tutto il motivo del tuo interesse per gli orti, l’ispirazione alla base del tuo spettacolo Orti Insorti.

Avevo sempre la sensazione che qualcosa mi sfuggisse. Che il tuo approdo nell’orto fosse avvenuto per vie diverse da quelle a me note. Non la via di chi si mette a trafficare tra le piantine scoprendoci un mondo che poi viene voglia di raccontare e condividere. Qualcosa d’altro.

Perché tu non avevi esperienza diretta di orti e giardini quando hai pensato Orti  Insorti. E che adesso tu stia realizzando un orto per e con tuo figlio Dario, e con Andrea, questo è un bel frutto del tuo avere frequentato non tanto piantine, ma parole di orto.

Poi mi è parso di capire: nel mondo perduto di nonno Pompilio ti figuri un modi di vivere più libero per i corpi. Di uomini come di cose. Un mondo in cui si poteva passare da belli in tanti modi diversi. In cui alla donna e all’uomo non si imponeva di essere magri e sofisticati. Un mondo in cui il corpo godeva della libertà suprema: di allargarsi o restringersi a seconda dell’umore e dei casi. E sempre e comunque venire accettato e amato, se accettata e amata era la persona. Le donne di campagna – le spose – erano belle in un modo diverso da quello delle donne di città. I contadini hanno un fascino che chi vive in città guarda con sospetto e apprensione.

Forse ai contadini le donne di città non piacciono nemmeno tanto, sempre che si ricordino di non lasciarsi suggestionare dalle brutte immagini plasticose della TV.

La bellezza passa per altre vie, vie di gioia e di amore e di libera espressione di sé. Che sia per questo che certi  maestri davvero vicini alla Natura – Masanobu Fukuoka, Libereso Guglielmi – confessano con un grande sorriso luminoso che a loro le donne piacciono tutte? Purché siano donne? Masanobu Fukuoka mi ha raccontato che a un certo punto ha deciso di sposarsi, e le donne gli parevano tutte talmente stupende, che non sapeva come fare a scegliere! 

Ecco, direi che quello che connette Orti Insorti al resto – il tuo lavoro con Pippo Del Bono, i tuoi spettacolo culinari, questo ultimo che è tutto una riflessione sulla bellezza della donna – è un certo spirito di rivolta, quasi una  jacquerie contro l’insopportabile camicia di forza imposto dal modello seriale  – industriale - di bellezza.

Oserei dire questo: le verdure per te, Elena, sono sempre e comunque un contorno! Quello che cerchi, nell’orto,  va ben oltre l’orto. È l’insurrezione, l’urlo liberatorio.  

E nell’orto, l’orto di terra e di piante e di semi e di annaffiature, cosa avrai mai trovato? Forse un ancoraggio alla gigantessa che tutti ci nutre, l’umida madre terra, nell’espressione cara al popolo russo, in quella cultura slava, di lontane origini matriarcali, che, insieme alla toscana, costituisce una delle tue radici.

Pia 



  

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